Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/39

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NOTTE. 13

Nobile fassi, ed in virtù si cangia.
È sollievo per noi compianger gli altri,
E de’ lor mali dividendo il peso,
Meno sentiam la vigorìa de’ nostri.
450Dunque ciascun che geme abbiasi quella
Parte che deggio a lui nel pianto mio.
     Che oggetto di pietade è mai l’umana
Felicità per l’uom, che spinger puote
L’occhio nell’avvenir per un istante!
455Lorenzo, la fortuna or ti sorride:
Ti lasci tu dal lusinghier suo canto
Addormentar? Dei doni suoi tu trema.
Ella vende il piacer. Per porti in arme
Non attendere il nembo. Assai minaccia
460La calma più della tempesta, e sono
I favori del Ciel prova, e non premio.
Godi il presente, e l’avvenir paventa.
Non creder già, che il disturbar tua pace
Un barbaro piacer mi fia; vorrei
465Renderla fissa; ma quel ben, che godi,
Non mi lusinga. Il tuo piacer è pegno
Della tua pena. Il dilettevol sogno
Dolcemente agitato al ben tu pensi
D’un precipizio sulla sponda. Sai
470Tu che il mortal felice ha già contratto
Coll’infelicità debito certo?
L’avversità, qnal creditor severo,
Di sue dimore i cumulati frutti
S’affretta a dimandarti, e della scorsa
475Prosperità fa un barbaro tormento,
Da cui più acuta, e più crudel si rende
La pena all’infelice. I nostri vani
Piaceri, uguali a’ non sinceri amici,
De’ quai la tenerezza in odio è volta,
480S’arman contro di noi stracciando il seno,
Che carezzaro un dì. Spargono il tosco
Sulla tranquillità dei nostri giorni.
Non darti adunque con eccesso in preda
Al piacer che t’accende. I troppo vivi