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II. NOTTE.
AL CONTE DI WILMINGTON
L’Amicizia.
ARGOMENTO.
Piangendo l’immatura morte del suo Filandro, si fa strada il Poeta a trattare dell’amicizia, e come questa è l’unica vera dolcezza, e consolazione, che possano contrapporre gli uomini per loro sollievo alle molte calamità, che nella vita li circondano. Dimostrasi come l’uomo giusto, morendo, cangia in assai migliore stato la passata sua condizione.
Che il Nume pose qual custode al fianco
Dell’uom per trarlo dall’obblio profondo
Del sonno, e richiamarne e mente, e cuore
5A chi l’esser gli diè. Quel Nume istesso
Sull’Universo in me fisa lo sguardo:
Ei mi vede infelice. Oh Dio! Di pianto
È molle il ciglio! A’ miei lamenti io deggio
Sciogliere il fren? ... Ma dov’è il mio coraggio?
10E dove è l’uom, se di coraggio è privo?
Forse la sorte di ciascun che nasce
Ignoro? L’uom da quel medesmo istante
Che apre i lumi alla luce, a’ mali è in preda:
Questi li merta men, meno li soffre
15Chi più tranquillo li riceve, e tace.
Caro Filandro, tu ch’aurea costume
Nudrivi in seno, a cui Minerva istessa
Dettava i sensi, oh quanto lieti entrambi
Di gravi e tristi oggetti il vario aspetto
20Vedemmo insiem! Ignoti nomi a noi