Pagina:Dialogo della salute.djvu/35

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N.
— No, perchè so di non esser Romeo.
R.
— E se porti un nome, sei lieto dell’onore che a quello si tributa, che porti bensì, ma lo sai diverso da te?
N.
— Ma la commedia dura tutta la vita e mi dà per sempre diritto a quell’onore.
R.
— E l’onore che ci vien tributato, perchè ci fa piacere? forse perchè quella persona o quell’altra ci onora, o perchè il tributo contiene un giudizio su di noi?
N.
— Perchè contiene un giudizio.
R.
— Un giudizio che ti dice tu sei, e ti conforta col piacere dell’esistenza. Ma se tu sei zoppo, e lo sai che non puoi camminare, che piacere ti fa il giudizio della gente che ti dice che tu cammini meravigliosamente?
N.
— Eppure.... Eppure....
R.
— Eppure gli uomini ci tirano, e ne sembran lieti. Volevi dir questo?
N.
— Sì, proprio.
R.
— Certo tanto si mostran lieti quanto ci tirano e quanto in fatti non lo sono. Poichè la necessità della posa obbliga. È così che gli uomini vani fuggono la solitudine come la malaria — poichè da soli si è come si è soltanto per essere, e in breve si sentono sbatter dentro nel vuoto il desiderio informe, come un pipistrello in una caverna. E allora ogni persona è ancora una volta il mondo, in quanto giovi per mostrarsi così come vorrebbero, e tentar di ricavarne la dolce illusione d’esser qualcuno. Essi considerano i