Pagina:Dialogo della salute.djvu/54

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N.
— La mia ragione.
R.
— Già. Se vedessi qui un rogo, ti ci getteresti dentro?
N.
— No. Ma perchè dovrei scegliere il modo più penoso?
R.
— E che pena sente più chi è disposto alla massima pena? Ma come faresti?
N.
— Cercherei quel modo che mi permettesse di preparar tutto prima e di non accorgermi di morire.
R.
— Uscire dal mondo senza conoscer la morte così come vivesti senza conoscer la vita. Ed è giusto — poichè la morte è detta solo in riguardo alla vita. La vita è il bisogno, la morte la negazione del bisogno. Chi muore come tu dici vuole ancora ingannar il destino con un calcolo, ma inganna sè stesso. Poichè la morte di fronte alla domanda non risponde con una realtà libera dal bisogno, con una coscienza non più sottomessa al tempo, ma con l’incoscienza. La morte appare desiderabile a chi vive, soltanto perchè gli appare come coscienza senza bisogno. E quando egli ragiona: La vita non mi darà mai la pace, poichè la vita è sempre un bisogno insoddisfatto; mentre la morte mi darà la libertà, la mancanza dei bisogni, la pace: è preferibile dunque la morte alla vita — il suo ragionamento non parte dall’assenza dei bisogni (poichè il bisogno non è che i bisogni, i desideri, l’amore volto a cose care), ma dalla presenza del bisogno insoddisfatto in alcune sue parti determinate. Questo determinato malcontento che gli limita la