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Accorsa la forza tanto pontificia che francese sul luogo, trovarono il suddetto Parma ferito, il quale, senza punto lamentarsi dell’infortunio, aveva assunto un contegno torbido e taciturno.

Poco dopo, per mezzo di vettura, fu tradotto all’ospedale della Consolazione e piantonato da due gendarmi.

Ai 17 fu estratto dall’ospedale.

Intanto, alcuni avevano osservato che, appena ferito, aveva estratto, dalla saccoccia dell’abito, alcune carte, gettandole dentro una vicina rimessa.

Aperte le medesime, si trovarono diversi esemplari del foglio settario intitolato Roma o morte.

Ordinatasi immediatamente una perquisizione al domicilio del ferito, furono requisiti, nascosti sotto un vecchio armadio, una quantità di esemplari dello stesso giornale con i supplementi ed un pugnale settario con la croce.

Quindi vi è fondamento a dedurre che egli stesso sia un agente del detestabile Comitato d’azione e che, per mera ignota casualità a lui fatale, la bomba esplodesse prima di potersi mettere in salvo.

Tuttavia, sull’asserzione od idea manifestata da alcuni che la bomba potesse essere stata lanciata dal tetto, la pubblica forza accedette nella casa dell’avvocato Manassei, dov’erano convenute molte Signore, ed ivi, praticata una rigorosa perquisizione, procedettero pure all’arresto, come sospetto, di Benedetto Ulissi, giovane di circa 17 anni, nipote del suddetto avvocato Manassei, impiegato nelle strade ferrate di Civitavecchia, che si era recato dallo zio per godere della illuminazione.