Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 46 — |
— Che cosa? sclamò Tacleton con un riso sforzato e stridente.
Il carrettiere avrebbe voluto aggiungere: amarvi di tutto cuore. Ma gli accadde nel levare il cappello di incontrarsi in un occhio socchiuso che di sopra il bavero dal mantello lo guardava fissamente, e sentendo ad un tratto qual cosa spiacevole e difficile fosse l’amarlo, sostituì alla prima frase cotest’altra: che non possa credersi felice?
— Ah! cane! voi scherzate, disse Tacleton.
Il carrettiere, benchè tardo a comprendere quelle parole, pure gli fissò addosso uno sguardo così pieno di serietà, che l’altro si trovò obbligato a spiegarsi alquanto meglio.
— Ho il capriccio, disse Tacleton alzando le dita della mano sinistra e scuotendo leggermente l’indice ad indicar sè stesso, ho il capriccio, caro signore, io Tacleton qui presente, di tôrre una sposa giovane e bella, e qui scosse il dito mignolo a raffigurare la sposa; ma non lo fece con garbo, bensì duramente e con sentita autorità. Io posso farmi passare cotesta fantasia e lo fo, se così mi piace, ma... ma... guardate da quella parte.
Ed egli indicava Piccina seduta pensie-