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ristica della colpa sta dunque nella possibilità di prevedere perchè se non vi fosse questa possibilità sarebbe caso, non colpa.
Vi è un criterio per discernere questa possibilità di prevedere, e così distinguere la colpa dal caso? Quanto di vago, d’incerto, d’indeterminato non vi è in un simile giudizio?!
L’affaticarsi intorno alla ricerca del vero punto di distinzione tra la colpa ed il caso, dice il Crivellari (vol. 1° pag. 645 Reati contro la vita) è accingersi alla impresa delle Danaidi.
Eppure un criterio vi dev’essere e vi è difatti. Il criterio si può rinvenire in ciò che taluni fatti sogliono ordinariamente e facilmente produrre taluni effetti.
Lanciare dall’alto una pietra sopra una pubblica via frequentata da persone può facilmente cagionare del danno; gettare una materia accesa in un luogo pieno di combustibile può facilmente produrre un incendio - e così si potrebbero dare tanti e tanti esempi. Questi sono de’ fatti facili ad avverarsi e quindi facili a prevedersi - queste sono delle conseguenze ordinarie e dirette, sempre più o meno prevedibili.
Ma i fatti difficili e rari ad accadere sono anche più difficili a prevedere. Ma le conseguenze che escono dal movimento ordinario delle cose o sorgono per concomitanza di altre ragione stanno fuori dalla cerchia delle conseguenze prevedibili - e quando si avverano costituiscono il puro caso. E poichè la massima di Cicerone: nullum crimen est in casu, per quanto antica è altrettanto vera, nessuno può essere imputato di un fatto puramente casuale.