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148 i salmi di david

     E tutta notte con acceso foco.
     Il macigno schiantò dentro al diserto,
     E diè lor copia, in quelle secche arene,
     Di fresco umor, come fra guazzi e vene.
8          Fuor de la selce fè scoppiar ruscelli
     E correr d’acque traboccati fiumi.
     Ma quelli non restar d’esser ribelli,
     Per li nefandi lor empi costumi:
     E senza fin ne l’ermo provocaro
     L’Alto Signor ad un dispetto amaro.
9          E d’esso fero temeraria prova,
     Pensier maligni dentro al cor volvendo:
     E ad ogni voglia lor vivanda nuova
     Con protervo parlar da lui chiedendo.
     Potrebbe in queste Dio piagge romite,
     Le mense apparecchiar laute e fornite?
10          Da la rupe di ver, da lui percossa,
     Egli fè scaturir acque e fiumane.
     Ma sarebb’egli ancor di tanta possa,
     Di farci di presente aver del pane?
     O proveder la sua diletta gente
     A grado suo di carni largamente?
11          Ma sentite il Signor lor voci felle,
     Fiamma di cruccio nel suo petto accese
     Contra Iacob, e fè che ’n Israelle
     Un incendio mortal tosto s’apprese.
     Perchè la fede avea smossa da lui,
     Nè sperar volle ne’ soccorsi sui.
12          Benchè dinanzi, al suo cenno divino,
     De l’alto ciel le cateratte aperte,
     E piovendo la Manna ogni mattino,
     Fosser d’etereo pan piagge coverte.
     Sì che si satollò l’uomo mortale
     De l’angelico pan celestïale.
13          Ma pur, per appagar il lor desire,
     Il vento fe’ poggiar da l’Oriente,