Pagina:Diodati - I Salmi di David, Daelli, 1864.djvu/204

Da Wikisource.
184 i salmi di david

     Che non può Dio lasciar il suo legnaggio,
     Nè ’l proprio abbandonar caro retaggio.
8          Anzi, i tempi felici
     Torneran che giustizia in trono segga,
     E del mondo al governo alma provegga.
     Allor i cori amici
     Di virtute, al gran Rege attorno attorno
     Aggreggiati faran bel cerchio adorno.
9          Or da chi, per mio scampo,
     Fie con l’iniquo stuol la pugna presa?
     Incontro a’ malfattori a mia difesa
     Chi metterassi in campo?
     Già se ’l Signor non mi porgeva aita,
     Sarei sotterra senza voce e vita.
10          Quando, smarrito, dissi,
     Ohimè, che ’l piè mi sfugge vacillante!
     La tua bontà mi raffermò le piante.
     Quando i pensieri, fissi
     A le mie doglie, il petto m’accoraro,
     I tuo’ conforti quello ricrearo.
11          Qual convenenza o patto
     Evvi fra te, Signor, e ’l seggio iniquo,
     Che ’n giudicar la legge torce obliquo
     In favor del misfatto?
     S’aduna il lor collegio a pieni scanni,
     Perch’a la morte l’innocente danni.
12          Ma pur, alto rifugio
     Emmi il Signor: la destra e la virtute
     Del mio Dio m’è riparo di salute.
     Esso i rei, senz’indugio,
     Ingombrerà di lor colpe e peccati:
     E fien per quelli estinti e sterminati.