Piango, ne’ fieri lutti.
Le luci il dolce sonno
Giammai gustar non ponno.
Al passer solitario sopra ’l tetto
Nel gemer i’ rassembro ansio del petto. 4 Oltraggi, strazi e scorni,
I mie’ nemici, contra me rabbiosi,
Mi fanno tutti i giorni.
Di maladir i modi dispettosi,
Da’ mie’ casi dogliosi,
Prendon con furie insane:
Perchè ’n vece di pane
La sozza polve e cenere ho mangiata,
E co’ pianti la mia coppa adacquata. 5 Perchè, di sdegno acceso,
Tu m’hai, Signor a basso traboccato,
Ed in terra disteso:
Appresso avermi in glorioso stato
Innanzi sollevato.
Qual ombra vespertina,
La vita mia dichina.
Ed i’ mi struggo, spasimato, in guisa
De l’erba ch’arde il sol, falce ha recisa. 6 Ma tu, Signor, dimori
Immutabile e immoto in ogni etade:
I memorandi onori
Son sempiterni di tua Maestade.
Sorgi ed abbi pietade
De la cara Sione,
Ch’è matura stagione
Che ’n lei spieghi le tue grazie divine,
Omai ch’è giunto l’assegnato fine. 7 Perch’a’ suoi sparsi sassi
Hanno i tuo’ servi l’affezion rivolta:
Piangendo che la lassi
Negletta in polve e cenere sepolta.