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66 i salmi di david

5          Ma dal Signore, con amari scherni,
     Ribattute saran le fiere imprese:
     Che dal solio del ciel quegli occhi eterni
     Il fin d’esso venir veggon palese.
     Del giusto afflitto a far aspri governi,
     Trasse l’empio la spada e l’arco tese.
     Ma gli aprirà quel suo coltello il petto,
     E l’arco gli sarà rotto di netto.
6          Del giusto il poco senza fin più vale,
     Che d’empi molti e grandi l’abondanza:
     Però ch’a lor sarà, qual testo frale,
     Fiaccato il braccio e rotta la possanza.
     Ma s’alcun il fedel periglio assale,
     L’erge il Signor e gli presta baldanza.
     De’ buon la vita e’ tien nel suo governo
     Ed un retaggio goderanno eterno.
7          Confusi non saran ne’ tempi avversi,
     Nè scaderan di lor concetta spene:
     E ne’ dogliosi fien tempi diversi
     De la fame, cibati a voglie piene.
     Ma gli empi periran e fien dispersi,
     Ingombrati di doglie e varie pene:
     E del Signor verran meno i ribelli,
     Qual strutto in fumo va grasso d’agnelli.
8          L’empio in prestanza ingordamente chiede:
     La miseria però non l’abbandona,
     Sì che disciolga l’obbligata fede.
     Ma l’uom giusto tuttor dispensa e dona:
     Che ’l benedetto seme in fin possiede
     La terra, onde ’l Signor il guiderdona.
     Ma l’infedele maladetta schiera
     Convien di certo ch’abissata pera.
9          Il Signor di color sostenta i passi,
     Le cui giuste gradisce opre e pensieri.
     E, se pur caggion, vacillanti e lassi
     Gli accoglie in braccio e gli conserva intieri.