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Pagina:Discorsi-SNFI.djvu/22

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diazione fu sostituita al sussidio francese dai maneggi dei diplomatici, avvalorati dalla fazione municipale. I diplomatici voleano con questo partito pacificare l’Italia; i municipali provvedere al ben del Piemonte. Ora quanto abbiano gli uni e gli altri sortito l’intento loro, lo dicono i fatti. Lo dicono la Lombardia straziata dal ferro barbarico e teatro d’inaudite fierezze; lo dicono Genova inquieta, Livorno in rivolta, l’altra Toscana in tempesta; quella Toscana, a cui invece del primato di gentilezza per cui si alza gloriosa su tutte le province italiche, talun vorrebbe conferire altri titoli; come se per uno stato a cui è difficile il mantenere l’antico dominio fosse un acquisto anzi che un peso l’ampliazione del territorio e l’aggiunta di un ducato. Tal è il grado di cecità a cui giunge il municipalismo; il quale a che termine sia per condurre il Piemonte ciascun sel vede. Coloro che un mese e mezzo fa gridavano pace, l’hanno forse ottenuta? Oh sì; ma che pace? Dio immortale! Qual è la guerra che non le sia da anteporre? L’erario esausto, le spese accresciute e divenute incomportabili, l’esercito languente e distrutto dall’ozio, dai disagi e dal morbo, il nemico imbaldanzito e minacciante, e la prospettiva di un avvenire più orribile del passato. Se la funesta mediazione non fosse prevalsa, a quest’ora Italiani e Francesi uniti in una sola schiera combatterebbero l’ultima guerra e intonerebbero già forse il canto della vittoria. Ma invece di ammazzare i Tedeschi, i nostri soldati sono spinti dalla disperazione a uccidere se medesimi; e ciò per la sapienza di coloro che volevano risparmiare il sangue cittadino e credevano di salvare il Piemonte antiponendolo alla nazione.

Voi vedete, o Signori, che la Società nostra professando di essere nazionale e mirando a stabilire su salde basi la nazionalità italiana, è per ciò solo sollecita dei veri interessi particolari; e dee quindi esser cara a tutte le nostre province e specialmente al Piemonte. Già i giornali liberi e indipendenti di questo paese l’hanno onorata