Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/226

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206 DISCORSI

quelle cose, che recherebbono a quelli tempi infamia, e quelle altre che possono partorire loro gloria, si rendano magnifiche e amplissime. Però che i più degli scrittori in modo alla fortuna dei vincitori ubbidiscono, che per fare le loro vittorie gloriose, non solamente accrescono quello che da loro è virtuosamente operato, ma ancora le azioni de’ nimici in modo illustrano, che qualunque nasce dipoi in qualunque delle due Provincie, o nella vittoriosa o nella vinta, ha cagione di maravigliarsi di quelli uomini e di quelli tempi, ed è forzato sommamente laudarli ed amarli. Oltra di questo, odiando gli uomini le cose o per timore o per invidia, vengono ad essere spente due potentissime cagioni dell’odio nelle cose passate, non ti potendo quelle offendere, e non ti dando cagione d’invidiarle. Ma al contrario interviene di quelle cose che si maneggiano e veggono, le quali per la intera cognizione di esse, non ti essendo in alcuna parte nascoste, e conoscendo in quelle insieme con il bene molte altre cose che ti dispiacciono, sei forzato giudicarle alle antiche molto inferiori, ancorachè in verità le presenti molto più di quelle di gloria e di fama meritassero; ragionando non delle cose pertinenti alle arti, le quali hanno tanta chiarezza in sè, che i tempi possono torre o dare loro poco più gloria che per loro medesime si meritino, ma parlando di quelle pertinenti alla vita e costumi degli uomini, delle quali non se ne veggono sì chiari testimonj. Replico pertanto essere