Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/56

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ma era necessario fare una delle due cose a volere che Roma stesse quieta come le sopradette Repubbliche, o non adoperare la Plebe in guerra, come i Viniziani; o non aprire la via a’ forestieri, come gli Spartani. E loro fecero l’una e l’altra, il che dette alla Plebe forza ed augumento, e infinite occasioni di tumultuare. E se lo Stato romano veniva ad essere più quieto, ne seguiva questo inconveniente, ch’egli era anco più debile, perchè gli si troncava la via di potere venire a quella grandezza dov’ei pervenne. In modo che volendo Roma levare le cagioni de’ tumulti, levava ancora le cagioni dello ampliare. E in tutte le cose umane si vede questo, chi le esaminerà bene, che non si può mai cancellare uno inconveniente, che non ne surga un altro. Pertanto se tu vuoi fare un Popolo numeroso ed armato, per poter fare un grande Imperio, lo fai di qualità che tu non lo puoi dopo maneggiare a tuo modo; se tu lo mantieni o piccolo o disarmato per potere maneggiarlo, se egli acquista dominio, non lo puoi tenere, o diventa sì vile, che tu sei preda di qualunque ti assalta. E però in ogni nostra deliberazione si debbe considerare dove sono meno inconvenienti, e pigliare quello per migliore partito; perchè tutto netto, tutto senza sospetto non si trova mai. Poteva adunque Roma a similitudine di Sparta fare un Principe a vita, fare un Senato picciolo, ma non poteva come quella, non crescere il numero dei cittadini suoi, volendo fare un grande Imperio: il