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Pagina:Dizionario mitologico ad uso di giovanetti.djvu/199

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diceva ch'egli rappresentava nelle parti del suo corpo tutte le illustri famiglie di Roma; cioè nella gran testa i Capitoni; nella spaziosa fronte, i Frontoni; nella mole del naso, i Nasoni; nella tuberosa faccia, e neosa, i Tuberoni, e i Nevii; nelle labbra, i Labeoni; nella irsuta chioma, gl'Irzii; nella smodata pancia, i Crassi, e finalmente nella turpezza del corpo, i Turpilii, i Porcii, i Vitellii, e gli Asinii. Dicesi ch'egli non sapeva contar più di cinque. Ignorava l'uso naturale a cui son destinate le donne; ma ne fu ammaestrato dalla moglie, dandogli a credere di avere una ferita ch'egli solo poteva curare.

Marsia, famoso satiro che aveva molto talento ed industria. Il suo genio si manifestò sopratutto nella invenzione del flauto, in cui seppe unire tutti i suoni che prima trovavansi divisi tra le diverse canne della sampogna. Fu il primo che pose in musica gl'inni consagrati agli Dei. Si attaccò in amicizia a Cibele, l'accompagnò in tutti i suoi viaggi, ed arrivarono amendue a Nisa, ove incontrarono Apollo. Insuperbito delle sue nuove scoverte, ebbe l'ardire di provocare questo Dio intorno alla musica. Apollo accettò la disfida a condizione che il vinto resterebbe a disposizione del vincitore. I Nisei furono eletti giudici. Apollo non senza pena potè superare il suo competitore. Sdegnato per siffatta resistenza, attaccò Marsia ad un albero, e lo scorticò vivo; ma cessato indi il suo sdegno, e pentitosi della sua barbarie, ruppe le corde della sua chitarra, e la depose insieme col flauto in un antro di Bacco, cui consagrò questi strumenti. Marsia per