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re sdegnata contro Ascalafo, lo cangiò in gufo. Giove, per consolarla, ordinò che Proserpina passasse sei mesi dell’anno con sua madre, e sei altri con suo marito. Cerere non solamente era la Dea dell’agricoltura, ma presedeva altresì ai confini de’ campi. Aveva molti magnifici tempj: le si offrivano i primi frutti della terra. Le si offriva anche in sacrifizio una troja pregna, od un montone a riflesso del guasto, che cagionavano questi animali. Le ghirlande, delle quali facevasi uso nelle feste, dovevano essere di mirto o di narciso; i fiori n’eran vietati, sul motivo che Prosperina, raccogliendo fiori, era stata rapita da Plutone. Erale consagrato il papavero, non solo perchè nasce fra le biade, ma benanco perchè Giove le conciliò il sonno per mezzo, di questa pianta, che diedele a mangiare, per mitigare così il suo dolore.

I poeti e i pittori rappresentano Cerere in sembianza di una donna bella, di una statura maestosa, di un viso colorito, coi capelli biondi e con gli occhi alquanto languidi. La sua testa è coronata di una ghirlanda di spighe o di papaveri, piante fecondissime. Le sue mammelle sono piene e turgide. Tiene con la man dritta un fastellino di spighe, e con la sinistra una fiaccola. La sua veste giugne fin sopra i piedi. Il suo carro vien tirato da leoni o da serpenti. Questa è la idea più generale che possa darsi di questa Divinità, la cui origine devesi all’Egitto; poiché sembra che Cerere sia l’Iside degli Egizj. Nota 29. - Fig. 17.

Cesto (in francese Ceste) parola tolta dal latino Cestus Veneris, significa il cinto di Venere, ov’eran racchiuse le grazie, le attrattive, il sorriso che incan-