Pagina:Documenti inediti o rari sull'antica agiatezza cremonese.djvu/9

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DOCUMENTI ANTERIORI


Il costume sfarzoso dei vestimenti, dei banchetti e dei funerali dominò a tempi più antichi in Cremona, e fu più volte represso dai Magistrati Comunali, perchè non tornasse a detrimento della cosa pubblica. L’antico Statuto cremonese lamenta il lussureggiante vestire de’ gentiluomini e degli artigiani, le acconciature sfoggiate delle donne, le molte ed intollerabili spese negli abiti, nei regali alle spose, nei banchetti mortuari, che superavano le esigenze della dignità, e facoltà di ciascuno. Ordina perciò (Rub. 465 ) che nessuna domina, mulier, domicella vel puella di qualunque stato e condizione osi portare fregi d’oro, d’argento, di perle, di seta, vairos, cappucci, veluti, sindone o cendal, scarlatti o drappi di seta oltre il valore di 5 lire imperiali sotto pena di 10 fiorini d’oro per volta.

I Sapienti della Gabella magna di Cremona dopo d’aver stabilito una riformagione super Coronis infrixaturis ed altri ornamenti altra ne pubblicarono nel 1297 sulle vesti e gli ornamenti degli uomini e delle donne della città e del distretto, e la posero nel Volume degli Statuti del popolo, Concedevasi di portare 50 bottoni d’argento o d’altro metallo, o di corallo ad gimelas, idem et ad zupas, ma non ad altre vesti o giubbe, purchè fossero del peso d’un’oncia e mezzo e non più, e non avessero maggior valore dello stesso peso d’argento. Permettevasi di portare ad guaranaziam (guarnizione?) due lazolos o lutonos d’argento o d’altro metallo, purchè non valesse oltre unum venetum per ciascuno, di portare al mantello o pellicia (pellem) una cordicina o nestola di seta del valore di 12 danari e non più. La pena era di 25 lire imperiali ai trasgressori.