Pagina:Dodici monologhi di Gandolin.djvu/102

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96 fra un atto e l’altro

e invece lo lascio cantare, perchè, se mi provassi a dimostrargli che quelle quattro burlette mi fanno faticare almeno quattordici ore sulle ventiquattro, lo farei scoppiare dalle risa più che mai. — Tu? ma passa via! fossi ancora uno di quelli che recitano le tragedie in versi! ma tu, in sostanza, che fai? Vieni sulla scena e reciti come parli: o che ci studi a discorrere cogli amici?

Ah bravo! è qui che ti voglio! appunto questo non sa il poverino, che, cioè, lo sforzo più grande, lo studio maggiore per un artista consiste precisamente in questa cosa che pare semplicissima: recitare come si parla.

Eh, se fosse una cosa facile, ma allora tutti sarebbero artisti; mentre invece vi prego di riflettere a questo fenomeno: prendete uno che in privato parla benissimo, lo portate sulla scena, qui, davanti a questi quattro lumi della ribalta, e non gli cavate di bocca una parola neanche con le tanaglie.

Recitare come si parla! Sicuro; ma intanto prima di tutto, cominciamo da questo: che bisogna, parlar bene, e per imparare soltanto a parlar bene, occorre