Pagina:Dodici monologhi di Gandolin.djvu/106

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100 fra un atto e l’altro

con grande effusione, indi ascoltare un discorso, che da principio l’annoia, fino allo sbadiglio, poi lo interessa, gli fa fare un crescendo di risate, ma tosto, quasi per un lugubre incidente, lo rattrista, lo fa dare in ismanie e finalmente scoppiare in un pianto dirotto, che poi si attenua, si calma, in modo che sembra dire con filosofia: basta, non ci pensiamo più, per passare a un altro discorso, che gli strappa una risata fragorosa, seguìta da un congedo pieno di ilare comicità).

Ora, se certuni sapessero quanto ci vuole per arrivare a questi effetti, che paiono una burletta, se sapessero che martirio dell’anima è questa ginnastica di sentimenti, se sapessero a traverso a quanti pensieri, a quanti dolori di testa e di spina dorsale si può arrivare a quest’arte complicata che si chiama la semplicità, forse loro passerebbe persino dal capo l’idea innocente di diventare filodrammatici.

Senza contar poi che l’artista, come uomo, è sempre uno zingaro vagabondo, che passa sopra la terra come un commesso viaggiatore della parola, senza posa, senza nido, senza domani: obbli-