Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/203

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capitolo xx. 185


tutta quella tanto grande quanto vera istoria. Da ciò poi tu devi inferire, o Sancio, ch’uopo è conoscere la differenza che passa tra padrone e servitore, tra signore e suddito, tra cavaliere e scudiere; e d’ora innanzi dobbiamo reciprocamente trattarci con più rispetto senza pigliarne collera, perchè in qualunque modo io mi adiri con te, ci andresti a perdere; la mercede ed i benefizi che ti ho promesso li avrai a suo tempo; e se non li conseguissi mai, per lo meno non perderai il salario, siccome ti ho significato. — Vossignoria dice benissimo, soggiunse Sancio, ma bramerei sapere (dato il caso che il premio non arrivasse mai, e ch’io dovessi restare unicamente al salario) qual era il guadagno di uno scudiere dei cavalieri erranti a quei tempi? oppure si accordavano eglino a mese o a giorni come i manovali dei muratori? — Non credo, rispose don Chisciotte, che quegli scudieri servissero per salario, ma per ottenere una qualche grazia; e s’io ti ho assegnato un salario nel testamento, che suggellato lasciai in casa mia, fu per quello che potesse accadere; mentre non so come si regoli l’affare della cavalleria in questi nostri calamitosi tempi, nè vorrei per sì poco avventurare la mia eterna salute nell’altro mondo; ed amo che tu sappia, o Sancio, che non si può dare stato più pericoloso di quello della errante cavalleria. — E questo è vero, disse Sancio, mentre il solo rumore de’ magli d’una gualchiera può mettere sossopra ed avvilire il cuore di un cavaliere sì valoroso com’è vossignoria. Stia pur certo che da qui innanzi non aprirò più bocca per ischerzare sulle cose che appartengono a lei, ma solo per darle onore, come a mio padrone e naturale signore. — Regolandoti a questo modo, replicò don Chisciotte, vivrai sopra la faccia della terra; perchè dopo i padri si hanno a rispettare i padroni come se fossero i genitori medesimi„.


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