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Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/227

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capitolo xxii. 209


erano sparsi chi di qua chi di là, e che avevano svaligiato il commissario fino a lasciarlo in camicia, se gli fecero tutti d’attorno per sentire ciò che comandasse. Egli disse:

— È proprio di persone ben nate mostrarsi riconoscenti dei benefizii ricevuti, e l’ingratitudine è una delle cose più abborrite in faccia al cielo. Ciò dico perchè gia vedeste, signori, col fatto quanto avete da me ottenuto, ed ora in compenso desidero, anzi è mio volere che pigliando questa catena che vi ho tolta dal collo, ve ne andiate incontanente alla città del Toboso, ed ivi presentandovi dinanzi alla signora Dulcinea del Toboso, le facciate sapere che il suo cavaliere, quello della Trista Figura, v’invia, e se le raccomanda; poi le darete conto esatto e fedele di questa famosa avventura, con tutte le sue minute notizie fino al momento in cui io vi feci riavere la bramata vostra libertà; e ciò adempiuto potrete andarvene pei fatti vostri liberamente1. Rispose per tutti Gines di Passamonte a questo modo:

— Ciò che ci domandate, signore e liberatore nostro, è assolutamente impossibile che sia eseguito da noi, perchè non possiamo andarcene uniti per le strade; anzi ci converrà andare ad uno ad uno, soli e divisi, ciascuno per le sue, procurando di nasconderci nelle viscere della terra per non essere côlti dalla giustizia che manderà da per tutto a cercare di noi. Ciò che può fare la signoria vostra, ed è ragione che faccia, si è cambiare questa ambasciata alla signora Dulcinea del Toboso in alquante avemmaria e credo, che noi reciteremo secondo la sua intenzione; e questa cosa potrà farsi di notte o di giorno, fuggendo o standoci fermi, in pace o in guerra; ma il credere che noi vogliamo tornare in terra d’Egitto, cioè alle miserie di prima, portando la nostra catena al Toboso, è come credere che adesso sia di notte quando sono le dodici del giorno; e il volere da noi questo egli è come domandar pere all’olmo. — Al corpo di... esclamò don Chisciotte infuriato, figliuolo di una pessima donna, signor Ginesuccio di Parapiglia, o come che tu ti chiami, giuro al cielo che vi andrai tu solo con la coda tra le gambe e colla tua catena sulle spalle„.

Passamonte che non era uomo da tenerla sì facilmente (tanto più ch’erasi accorto della inesperienza di don Chisciotte nella commessa pazzia di dargli la libertà), vedendosi trattar male ed a quel modo, fece d’occhio a’ compagni suoi, ed eglino allargandosi

  1. Amadigi di Gaula costrinse il gigante Medraca a lasciare in libertà molti prigionieri; ai quali poi egli ingiunse che andassero dalla regina Brisena, e le baciassero la mano per lui. (Amadigi di Gaula, lib. III, c. 65).

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