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272 don chisciotte.

e da due donzelle, adorna ed acconcia come si conveniva alla sua bellezza, alla sua condizione, e ad una donna che dir si poteva la perfezione della gentilezza e del gusto. Sospeso e quasi fuori di me medesimo non ebbi agio di esaminare particolarmente il suo vestito; solo m’accorsi che il colore era incarnato e bianco. Abbagliavami lo splendore delle gioie che le adornavano il capo, vinte però dalla bellezza de’ suoi lunghi e biondi capelli; nè essa splendeva meno dei doppieri che ardevano in quella sala fatale. O memoria, mortale nemica della mia quiete! a che mi vai ora rappresentando la incomparabile perfezione di quella mia adorata nemica? Non sarà meglio, o crudele memoria, che tu mi faccia risovvenire e mi sottoponga invece quanto ella fece in quel punto, perchè io, irritato da sì manifesta offesa, mi accinga non dirò a vendicarmi, ma a lasciare questa misera vita! Non vi annoiate, o signori, per queste mie digressioni, chè la mia pena non è di quelle che possano esser narrate succintamente e in fretta, anzi ogni sua circostanza mi sembra che meriti un lungo ragionamento. — Rispose a queste parole il curato, che ben lungi dall’annoiarsi in udirlo, ciascuno di loro provava gran diletto nel sentire le minute particolarità che egli raccontava, giudicandole tali da non meritarsi di non essere passate sotto silenzio, ma piuttosto ascoltate con somma attenzione non altrimenti che tutto il racconto. — Dico adunque, soggiunse Cardenio, che standosene tutti in sala arrivò il curato della parrocchia, e prendendo la mano dei due fidanzati per compiere ciò che conviene in tal atto, disse: “Volete voi, signora Lucinda, prendere il signor don Fernando, che sta qui presente, per vostro legittimo sposo come comanda la santa madre Chiesa?„ Io allungai il collo e trassi la testa fuori delle tende, e con estrema attenzione e con cuore agitato mi feci ad udire ciò che rispondesse Lucinda, attendendo dalle sue parole la sentenza della mia morte o la conferma della mia vita. Ma perchè non mi bastò l’animo di farmi vedere a quel punto e sclamare: “Ah Lucinda, Lucinda! guarda quello che fai, considera ciò che mi devi, pensa che sei mia e che non puoi darti ad altri? Avverti che il pronunziare un , e il farmi perdere la vita dovrà essere un punto solo. E tu, traditore don Fernando, ladro della mia gloria, morte della mia vita! che brami? che pretendi? Considera che non puoi da cristiano raggiungere lo scopo de’ tuoi desiderii perchè mia sposa è Lucinda, ed io sono suo consorte„. Ma folle che io sono! Presentemente che lungi mi trovo dal pericolo, dico che avrei dovuto fare ciò che non feci; e dopo avermi lasciato rubare un sì prezioso pegno, maledico il ladro che me lo ha tolto e di cui potevo prendere vendetta se avessi avuto cuore