Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/325

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capitolo xxix. 307

loro virtù doveva estendersi ad altri mali. Rispose il curato che era così per lo appunto; e promise che gli avrebbe insegnato questo ed altri segreti. Stabilirono dunque che cavalcasse il curato, e che poi ognuno si desse il cambio di tanto in tanto finchè giugnessero all’osteria la quale trovavasi a due leghe di là.

Saliti tutti e tre a cavallo, cioè don Chisciotte, la principessa e il curato, restando Cardenio, il barbiere e Sancio Panza a piedi, don Chisciotte disse alla donzella: — La grandezza vostra, signora mia, mi conduca per la strada che brama„. E prima ch’ella desse risposta il curato soggiunse: — Verso qual regno vuole guidarci la signoria vostra? M’immagino verso il regno di Micomicone, poichè credo che non vorrà andare altrove, se pure io ho qualche intelligenza di queste cose„. Dorotea che stavasene sull’avviso di tutto comprese che avea da rispondere affermativamente, e perciò disse: — Appunto, o signore, io debbo dirigermi verso quel regno. — Se così è, disse il curato, fa di mestieri che attraversiamo la mia terra, e moverà per quella parte la signoria vostra prendendo la via di Cartagena, dove potrà imbarcarsi con la buona ventura: e se avrà prospero vento favorevole, mare tranquillo e senza burrasche, si troverà ella in poco meno di nove anni a vista del gran lago Meone, voglio dire Meotide, che giace distante dal regno della grandezza vostra poco più di cento giornate. — Parmi, soggiuns’ella, che vossignoria si inganni, perchè non sono ancora due anni da che me ne sono partita, e ad onta che non abbia avuto la sorte di navigare con prospero vento, pur sono giunta a vedere ciò cui miravano le ardenti mie brame, il signor don Chisciotte della Mancia, le cui geste maravigliose mi si resero note subito ch’ebbi posto il piede in Ispagna; e furono esse che m’indussero a farne ricerca per mettermi sotto le ali della sua protezione, affidando la giustizia della mia causa al suo braccio invincibile. — Basta, basta, cessino le mie lodi, disse a tal punto don Chisciotte, giacchè son nemico dichiarato di ogni adulazione: e sebbene in questo vossignoria non mi aduli, nondimeno restano offesi i miei orecchi da somiglianti discorsi. Ciò di che posso assicurarvi, signora mia, si è che ad ogni costo io mi adoprerò a favorir la vostra causa, se anche n’andasse la vita; ma riservando ciò a miglior tempo, prego il signor curato che mi faccia sapere la cagione che a queste parti il condusse così solo, senza servitore, e con vestiti sì leggieri che al vederli io ne spasimo. — Risponderò brevemente, disse il curato, perchè saprà la signoria vostra, signor don Chisciotte, ch’io e maestro Niccolò, nostro amico e barbiere, ce ne andavamo a Siviglia a riscuotere certo danaro mandatomi da un tal mio parente che da molti anni passò nelle Indie, e non eran