Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/393

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capitolo xxxiv. 375

od anche solo accostarviti, al punto che io ti vegga a ciò determinato, io mi trapasso il petto con questo pugnale di cui sono armata; e innanzi che tu ti accinga a dirmi una sola parola voglio che mi ascolti; chè ti resterà poi tempo a soggiungere quello che più vorrai. Prima di tutto voglio che tu mi dica se conosci Anselmo mio marito, e in che opinione lo tieni; in secondo luogo voglio sapere egualmente se tu conosci me: rispondimi, non turbarti, nè vi pensare molto perchè non ti domando cose difficili„. Non era stato Lotario sì poco accorto da non comprendere i divisamenti di Camilla sino da quando gl’insinuò la prima volta d’indurre Anselmo a nascondersi, e secondò pertanto la sua intenzione con tanta prudenza che fecero vestire a quella menzogna l’apparenza della più candida verità. Rispose a Camilla in tal modo: — Non mi avvisai, o bella Camilla, che tu mi avessi fatto venir qua per domandarmi cose tanto lontane dal proposito per cui ne vengo; e ben sai che tanto più è grave ogni indugio quanto più si crede vicino il conseguimento del bene sperato: ma affinchè tu non creda che io rifiuti di rispondere alle tue inchieste, dico che conosco il tuo sposo Anselmo, e che ci conosciamo ambedue sino dai nostri più teneri anni: mi dispenso dal parlare sulla importanza della nostra amicizia che ti è sì nota da non potere scusarmi del torto che l’amore mi costringe ad usargli; ma l’amore è poderosa discolpa dei più grandi errori! io poi conosco te, e ti tengo in quel concetto medesimo ch’egli ti tiene; e se ciò non fosse pensi tu che per oggetto meno prezioso di te mi sarei indotto a mancare a ciò che debbo a me stesso, ed a tradire quelle sante leggi dell’amicizia che non possono essere violate se non da un potente nemico com’è l’amore? — Se ciò confessi, rispose Camilla, o nemico mortale di tutto ciò che merita di essere amato, come osi tu comparire dinanzi a chi sai ch’è lo specchio dove si mira quell’uno in cui tu ti dovresti guardare per conoscere quanto a torto l’offendi? Ma infelice di me! Forse qualche atto da me inavvertito ti ha incoraggiato nel tuo perverso disegno: perchè senza di ciò, quando fu mai che le tue preghiere abbiano ottenuta parola o indizio per cui avesse potuto nascere in te raggio alcuno di speranza di vedere soddisfatti gl’infami tuoi desiderii? quando mai le tue amorose espressioni non furono ributtate e riprese da me con la più grande asprezza e severità? quando vedesti da me credute le tue molte promesse, od accolti i tuoi grandiosi regali? Pur incolpo me stessa della tua temerità, perchè senza dubbio qualche involontario mio sguardo alimentò la tua impertinenza, ed ora saprò io gastigarmi e portare la pena che merita la tua colpa. E perchè tu ve-