Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/427

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capitolo xxxvii. 409

cristiani. Sopraggiunse in questo lo schiavo ch’erasi prima occupato in altre faccende, e vedendo che stavano le donne tutte facendo cerchio alla sua compagna, e che nulla ella rispondeva a quanto le dicevano, così parlò: — Signore, questa donzella intende soltanto la nostra lingua, nè altra ne sa parlare, e perciò nè ha risposto nè risponde alle vostre dimande. — Nulla noi le chiediamo, disse Lucinda, se non che la invitiamo a passare questa notte in nostra compagnia esibendole una parte del luogo in cui riposeremo noi stesse, ed offrendoci con quell’affetto e cortesia che obbligano a compiacere gli stranieri tutti che ne hanno bisogno, e specialmente le persone del nostro sesso. — Vi bacio le mani, signora mia, rispose lo schiavo, e per lei e per me, e apprezzo grandemente, siccome debbo, il favore offertoci, che molto grande debb’essere se viene da persone sì ragguardevoli come sembra che siate voi. — Ditemi, o signore, soggiunse allora Dorotea: questa straniera è ella cristiana o mora? poichè il suo abito e il silenzio che conserva fanno supporre che sia quale noi non vorremmo che fosse. — Mora, disse lo schiavo, e nell’arnese e nel corpo, ma cristiana nell’anima, avendo un vivo desiderio di farsi tale. — Non è dunque battezzata? replicò Lucinda. — Non lo è finora, rispose lo schiavo, perchè non se n’ebbe opportunità, da che si tolse da Algeri sua patria, nè si trovò sin qui in frangente sì vicino alla morte che obbligasse a battezzarla prima di essere appieno istrutta delle cerimonie tutte comandate dalla santa nostra religione: ma se a Dio piace, adempirà quanto prima a questo sacro dovere e con la solennità che si conviene alla sua condizione, ch’è assai maggiore di quello che può apparire dal suo e dal mio vestimento„.

Queste risposte fecero nascere negli astanti la brama di sapere chi fosse la mora e lo schiavo; ma nessuno si permise per allora di progredire nelle dimande, conoscendo che quello era tempo da procurare ad ambedue qualche riposo, piuttosto che rendersi loro importuni con soddisfazione della propria curiosità. Dorotea dunque la prese per mano, se la fece sedere vicina, e la pregò che si togliesse il velo dal viso. Essa mirò lo schiavo, come se gli domandasse di farle sapere che cosa voleasi da lei, e quello che dovesse ella fare. Le disse egli in lingua arabica che domandavano che si scoprisse, e che così facesse. Alzò colei il velo e lasciò scorgere un sembiante sì vago, che Dorotea la trovò più bella di Lucinda, e questa più di Dorotea, e conobbero i circostanti tutti che se v’era chi agguagliare potesse la bellezza delle due sopraddette, dovea darsene il vanto alla Mora, non mancando anche chi la considerasse alcun poco prevalente; e siccome la bellezza ha prerogative e gra-


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