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mill’anni di poter arrivare a godere senza timore del bene che mi offeriva la sorte col possesso della bella Zoraida; e finalmente passò il tempo, e arrivò il giorno ed il punto da noi tanto desiderato; ed attenendoci tutti al consiglio ed alle disposizioni prese, dopo le più mature considerazioni da noi fatte, avemmo il buon successo da noi bramato; perchè il venerdì seguente al giorno in cui io parlai colla bella Zoraida, il rinnegato sull’imbrunire della notte diede fondo colla barca quasi dirimpetto al sito dove ella trovavasi. Di già i cristiani che dovevano vogare erano pronti e nascosti per diverse parti di quei contorni. Stavansene tutti sospesi e lieti attendendomi, desiderosi d’investire la barca che avevano sott’occhio, non conoscendo il disegno del rinnegato, e credendo che da noi si dovesse guadagnare la libertà colla forza, e coll’uccidere i Mori, che stavano dentro la barca stessa. Avvenne dunque che quando mi feci vedere coi compagni miei, tutti quelli che erano nascosti si unirono a poco a poco a noi; e ciò accadde mentre la città era chiusa, nè si vedeva persona in tutta quella campagna. Trovandoci tutti riuniti ci nacque il dubbio se fosse miglior consiglio far prima uscire Zoraida od ammazzare prima tutti i Mori bagarini1 che nella barca dormivano: e standoci a questo modo incerti arrivò il nostro rinnegato, e domandò per qual causa restavamo noi neghittosi, essendo già l’ora opportuna che i Mori tutti erano disattenti ed i più di essi eziandio addormentati. Gli esponemmo le

  1. Con questo nome indicavansi i Mori che servivano ai Turchi come prezzolati rematori.