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con cavalleresche ed errantesche parole che piacesse alla grandezza sua di dargli licenza di accorrere in aiuto del castellano di quella fortezza, il quale trovavasi in un terribile frangente. La principessa gliela accordò volentieri, ed egli imbracciando ben tosto la targa e mettendo mano alla spada corse alla porta del castello, dove gli ospiti continuavano a mazzicare furiosamente l’oste. Vi giunse appena, che sbigottì e ristette, ed in vano Maritorna e l’ostessa lo rimproveravano di quella sua indolenza, e lo istigavano a soccorrer l’una il padrone e l’altra il marito. — Mi fermo, disse don Chisciotte, perchè non mi è lecito di metter mano alla spada contro gente abbietta; ma chiamate qua il mio scudiere Sancio Panza, chè a lui può convenire questa difesa e vendetta„.

Ciò seguiva alla porta dell’osteria dove le pugna ed i sorgozzoni fioccavano sempre a danno del povero oste e con rabbia di Maritorna, dell’ostessa e di sua figlia, che disperavansi nel vedere la codardia di don Chisciotte, e il pessimo stato di quel povero uomo. Ma qui lasciamolo, chè non mancherà chi lo soccorra: e se ciò non