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522 don chisciotte.


Passarono tutti questi colloqui tra padrone e servitore; e temendo don Fernando e Cardenio che Sancio non colpisse nel segno rispetto alla loro invenzione, di cui lo vedevano già entrato in sospetto, determinarono di affrettare la partenza. Chiamando perciò a parte l’oste, gl’imposero che insellasse Ronzinante e mettesse la bardella al giumento di Sancio, il che egli tosto eseguì. Aveva frattanto il curato patteggiato cogli sgherri perchè accompagnassero don Chisciotte sino alla sua terra, contribuendo loro un tanto per giorno. Cardenio attaccò da un lato nell’arcione della sella di Ronzinante la targa e dall’altro il bacino, poi con cenni comandò a Sancio che montasse sul suo asino, e che prendesse Ronzinante per la briglia, e collocò ai due lati del carro due sgherri coi loro archibusi. Prima che il carro si movesse uscirono fuori l’ostessa, sua figlia e Maritorna, per prender licenza da don Chisciotte, fingendo di piangere per compassione della sua disgrazia. Egli disse loro: — Non piangete, no, mie buone signore, chè tutte queste avversità sono cose consuete alla professione ch’io esercito: e se non mi accadessero tante traversie non porterei il vanto di famoso cavaliere errante, perchè ai cavalieri di poco conto e di poca celerità non avvengono di simiglianti sciagure, non essendovi al mondo chi mai li rammenti: sono riservate ai valorosi, come a coloro che sono invidiati da molti principi e da tanti cavalieri che tentano nuo-