Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/569

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capitolo l. 551

ed in cui vanno nuotando e guizzando in qua e in là e lucertole e serpenti e tante altre sorti di feroci e spaventevoli bestie! Dal bel mezzo del lago mi pare di udire una trista voce che dica: O tu, cavaliere qualunque ti sia, che stai mirando il lago terribile, se giunger brami a vedere il bene che di sotto a queste nere acque si asconde, mostra l’ardimento del coraggioso tuo cuore, balza in mezzo al suo nero e ribollente liguore, perchè altrimenti non saresti degno di mirare le alte maraviglie che in sè rinchiudono e contengono i sette castelli delle sette Fate, che giacciono sotto a questa nerezza! Intesa appena dal cavaliere la voce terribile, senza altre riflessioni e senza por mente al pericolo che va ad affrontare, e senza nemmeno alleggerirsi del peso delle forti sue armi, raccomandandosi a Dio e alla sua signora, si precipita in mezzo al bollente lago, e quando nè pensa nè sa quale debba essere il suo porto, si trova in mezzo a floridi campi in confronto dei quali nulla sono gli Elisi. Ivi scorge più trasparente il cielo e più rilucente il sole; e gli si offre alla vista una deliziosa foresta, rivestita di alti e frondosi arbori che colla loro verdura consolano gli occhi: ivi sorprendono l’udito col canto dolcissimo ed innocente piccioli ed infiniti dipinti augelli che per gl’intrecciati rami vanno saltellando. Scopresi in poca distanza un ruscello le cui fresch’onde somiglianti a liquidi cristalli, vanno scorrendo sulla minuta rena, che quasi gareggia coll’oro forbito e colle più candide perle. Ammirasi da altra parte una fonte artifiziosa di variato diaspro e di liscio marmo formata; ed altrove una ne sorge dove i minuti nicchi delle telline con le tôrte vario-pinte case e con le chiocciole in bel disordine collocate, mostrano fra loro frammischiati pezzi bellissimi di cristallo e di contraffatto smeraldo componenti uno svariato lavoro, di maniera che la natura sembra vinta dall’arte, sua imitatrice. In altro canto si eleva un forte castello, o superbo palagio, le cui muraglie sono di oro massiccio, i merli di diamanti, di giacinti le porte, e di stupenda architettura costrutto, che sebbene la materia che lo compone sia tutta diamanti e carbonchi e rubini e perle e oro e smeraldi è nondimeno vinta assai dal lavoro. Resta poi a vedersi dopo sì grandi maraviglie altra cosa che più di tutte esilara e rallegra, ed è l’uscita dalle porte del castello di un gran numero di donzelle, i cui vaghi e ricchi vestiti se fossero da me adesso descritti come li troviamo nelle storie, sarebbe un non finirla mai più! Ecco là un ardito cavaliere che, balzato nel lago, è preso per mano da quella tra le donzelle che sembra la più speziosa, la quale seco lo guida senza dischiuder le labbra dentro la ricca torre o castello. Dov’egli è profumato e rivestito di sottilissi-