Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/101

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capitolo x 91

rispose don Chisciotte, e in guiderdone di tali quanto inattese altrettanto felici novelle, ti prometto il maggiore spoglio che io farò nella mia prima ventura: e se questo non ti bastasse, ti prometto e ti dono la razza che faranno in quest’anno quelle tre cavalle che tu sai bene essere vicine a dar prole nel prato della comunità del nostro paese. — Accetto il dono della razza, rispose Sancio, mentre non è cosa molto sicura se lo spoglio della prima ventura riescirà buono o no.

In questo uscirono della selva, e scoprirono poco discosto le tre contadine. Don Chisciotte spalancò gli occhi per quanto lunga e larga è la via del Toboso, e non vedendo se non le tre contadine si turbò tutto e domandò a Sancio se le aveva lasciate fuori della città. — Come fuori della città? rispose; ha ella forse gli occhi nella collottola che non vede che sono queste che si avanzano verso di noi, tutte risplendenti come il sole di bel mezzodì? — Io non iscorgo, disse don Chisciotte, se non tre povere contadine a cavallo di tre asini. — Oh ora sì che il diavolo vuole la burla, replicò Sancio: è egli possibile che tre chinee, o come si chiamano, bianche come un fiocco di neve sembrino asini a vossignoria? Viva Dio che sarei uomo da strapparmi questa barba a pelo a pelo se questa cosa fosse vera. — Ed io ti replico, soggiunse don Chisciotte, che tanto è vero che asine o asini sono quelle, come è vero ch’io sono don Chisciotte e tu Sancio Panza: o per lo meno a me rassembrano tali. — Signor mio, disse allora Sancio, non si lasci scappare queste parole, si freghi bene gli occhi, venga a far riverenza alla dominatrice di tutti i suoi sentimenti ch’è ormai vicina„; e appena detto questo, smontato dal leardo, arrivò presso al giumento di una di quelle tre contadine, e presolo per la cavezza e buttatosi ginocchioni a terra, disse: — Regina e principessa e duchessa della bellezza, la vostra altierezza e bellezza si compiaccia di ricevere nella vostra grazia e bontà il vostro prigioniero cavaliere che è qua diventato un marmo, tutto attonito e senza polsi per trovarsi dinanzi alla magnifica vostra presenza: io sono Sancio Panza suo scudiere, ed egli è l’afflitto cavalière don Chisciotte della Mancia chiamato con altro nome il cavaliere dalla Trista Figura„. Anche don Chisciotte si era intanto posto ginocchione accanto a Sancio, e con occhi spalancati e con turbato viso stava guardando colei che da Sancio si appellava regina e signora; ma siccome non ravvisava in essa altro che una rozza villana, ed anche non bella, perchè il viso era tondo e schiacciato, stavasene sospeso e confuso senz’osare di aprire bocca. Le contadine erano sbalordite vedendo quei due uomini tanto fra loro differenti, inginocchiati per modo da impedire all’una e