trentamila volumi della mia istoria, e se le cose procedono di questo passo se ne stamperanno trentamila migliaia, quando il cielo non vi rimedii: per tutto dire in poche, anzi in una parola sola, le notifico che io sono don Chisciotte della Mancia, chiamato per altro nome il cavaliere dalla Trista Figura; e tuttochè sconvenga la lode nella propria bocca, mi è forza pronunziare talvolta la mia, sottintendendosi già che non siavi presente alcuno ad ascoltarla. Dopo tutto ciò, o signore, nè questo cavallo, nè questa lancia, nè questo scudo, nè lo scudiere, nè questo fascio d’arme, nè il gialliccio del mio volto, nè la mia stenuata magrezza vi potranno quindi innanzi recar maraviglia, avendo ora saputo chi sono e la professione ch’io esercito„. Tacque dopo avere detto ciò don Chisciotte, e quello dal verde gabbano, tardando molto a rispondere, pareva che non trovasse la via di farlo; ma dopo non corto silenzio gli disse: — Colpiste nel segno, o signor cavaliere, coll’indovinare dalla mia sospensione il mio desiderio; ma non vi è riuscito di togliere affatto la maraviglia in me cagionata dall’avervi veduto. Voi supponete, per quanto dite, che l’avermi fatto sapere chi siete debba avermela tolta, ma diversamente passa la cosa, e vi dirò anzi che adesso più che mai resto stupido e sbalordito. Com’è possibile che si dieno oggidì cavalieri erranti nel mondo, e che corrano impresse le istorie di vere cavallerie? Non mi posso persuadere che siavi più sulla terra a questi nostri tempi chi dia favore a vedove, difenda donzelle, onori maritate, soccorra orfanelli; nè l’avrei mai creduto se con questi occhi veduto non lo avessi in vossignoria. Benedetto sia il cielo, mentre con la istoria che voi mi assicurate essere in luce delle vostre luminose e veraci cavallerie, saranno poste in profonda oblivione quelle innumerevoli dei sognati erranti cavalieri, delle quali è pieno il mondo con discapito dei buoni costumi e con iscredito e pregiudizio delle istorie vere e lodevoli. — Vi ha molto di che discorrere, rispose don Chisciotte, in quanto all’essere finte o no le istorie dei cavalieri erranti. — Avvi forse chi dubiti, soggiunse l’altro, che false non sieno tutte quante? — Io sono che ne dubito, rispose don Chisciotte; ma lasciamo per ora la discussione di questo argomento: chè se resteremo in compagnia, confido in Dio di convincere la signoria vostra che ha fatto male ad andare dietro la corrente di quelli che le suppongono favolose„. Queste ultime parole di don Chisciotte fecero sospettare a quello dal gabbano verde che dovesse essere un qualche mentecatto, e ne attendeva la conferma da qualche suo nuovo discorso. Prima che passassero ad altro, don Chisciotte lo richiese dell’esser suo, giacchè aveva anch’egli dato conto della propria condizione e della sua