Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/211

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capitolo xxii 201

testa e capelli; e passando così la cosa, ed essendo egli il primo uomo vissuto al mondo, sarà avvenuto ch’egli qualche volta si grattasse la testa. — Così credo ancor io, rispose Sancio; ma dicami ora: chi fu il primo saltatore al mondo? — In verità, fratello, rispose l’altro, che non so determinarmi a dirvelo se prima non mi apparecchio ad accurate indagini: le farò per altro voltando e rivoltando quei mille volumi che tengo, e vi darò soddisfazione un’altra volta che ci rivedremo, poichè questa non ha da essere l’ultima. — Oh, signor mio, disse Sancio, non si pigli tanta briga per questo, chè ora mi viene in mente la risposta a dovere alla mia stessa dimanda. Sappia che il primo saltatore del mondo è stato Lucifero quando lo scacciarono o precipitarono dal cielo, poichè allora fece un salto sino agli abissi. — Hai ragione, amico,„ disse il giovane, e don Chisciotte soggiunse: — Di altri e non tue sono queste proposte e risposte. — Stia cheto, Sancio rispose, chè se io incomincio a dimandare e a rispondere, per fede mia che non la finisco sino a domani; e poi sì per dimandare delle sciocchezze che per rispondere degli spropositi non occorrerebbe che mi allontanassi dai miei vicini. — Hai detto, o Sancio, più di quello che sai, replicò don Chisciotte, mentre tanti si tormentano e si affannano per sapere ed avverare cose, le quali sapute e avverate che le abbiano, non servono poi per niente all’intelletto ed alla memoria„.

Fra questi ed altri giocondi ragionamenti passarono tutta la giornata, e pernottarono in un piccolo villaggio, dove il giovane disse a don Chisciotte, che di là alla Grotta di Montèsino non vi erano più di due leghe, e che se si determinava ad entrarvi, era necessario provvedersi di funi per legarsi e calarsi sino alla profondità. Rispose don Chisciotte che avea stabilito di farlo, dovesse pur anche sprofondarsi fin nell’abisso. Comperarono allora intorno a cento braccia di corda, e il giorno dopo, alle due della sera, pervennero alla Grotta. La sua imboccatura era spaziosa, ma ingombra di spine, di caprifichi, di pruni e di macchie sì spesse e intralciate che la cuoprivano affatto agli occhi dei passeggieri. Vedutala appena, smontarono di cavallo Sancio, il giovane e don Chisciotte, il quale venne dai due altri tosto legato fortemente colle funi. Intanto che lo fasciavano, Sancio alquanto impaurito gli disse: — Badi vossignoria a quello che fa, non voglia andarsi a seppellire vivo, nè si metta in luogo da essere rinfrescato come i fiaschi di vino che si calano in pozzo; non tocca a vossignoria di essere il curioso e di andare ad investigare questa che sarà peggio di spelonca. — Cingi e taci, rispose don Chisciotte; chè a me unicamente è riservata un’impresa