nanzi. Don Chisciotte gli disse: — Fermatevi, galantuomo, chè mi sembra vedervi andare con più fretta di quello che lo comporti la mula. — Non posso fermarmi, signore, rispose quell’uomo, perchè le arme che qui vedete, debbono mettersi dimani in opera, e non voglio punto indugiare, addio. Se bramate sapere perchè le porto, venite (se tenete questa strada voi pure) all’osteria che sta presso al romitorio, dove io passerò la notte, e dove, se vorrete, vi racconterò maraviglie: addio per la seconda volta„. Detto questo, battè la mula in modo che non fu possibile a don Chisciotte fargli dire di quali maraviglie pensasse informarlo: e siccome era curioso anzi che no, e lo stimolava un continuo desiderio di saper cose nuove, così si dispose di subito alla partenza con intenzione di pernottare nell’osteria senza raggiungere il romitorio, dove il giovane avrebbe voluto che si trattenessero. Così si fece: salirono a cavallo, e seguitarono tutti la strada che conduceva all’osteria, dove giunsero sulla sera. Il giovane disse a don Chisciotte che si potrebbe andare al romitorio per bere un po’ di vino. Non appena Sancio Panza udì questo che volse il leardo a quella parte, e gli tennero dietro il giovane e don Chisciotte: ma parve che la cattiva sorte di Sancio ordinasse che l’eremita fosse fuori di casa, il che seppero da un suo assistente. Chiesero a costui del vino più prelibato, al che egli