Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/243

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capitolo xxv 233

garbo: lo già sapevo di ragliare bene, ma non avrei mai creduto di essere giunto a quell’apice che voi dite. — Oh sappiate, rispose il secondo, che nel mondo si trovano dei begl’ingegni che non sono stimati, e talvolta si vedono mal collocate le grazie in chi non ne sa profittare. — Le nostre, rispose il padrone dell’asino, non ci possono esser di giovamento se non in occasioni simili a questa, e Dio voglia che anche in questo caso ci sieno proficue„. Detto ciò, tornarono a dividersi e tornarono ai ragli, e ad ogni tratto si ingannavano, e tornavano a riunirsi, fino a tanto che si diedero per contrassegno che per intendere ch’erano essi e non l’asino, avrebbero ragliato due volle di seguito. Fatto questo accordo, raddoppiando ad ogni passo i ragli, girarono tutta la selva senzachè il giumento rispondesse per modo alcuno. Ma come potea rispondere il meschino e malcapitato, se poi lo trovarono nel più folto di un bosco quasi divorato dai lupi? Nol vide appena il suo padrone che disse: — Mi maravigliava io bene che non rispondesse; chè se non fosse stato morto avrebbe senza dubbio ragliato se ci avesse sentiti, o non sarebbe stato asino: basta, compare, poichè ho sentito voi a ragliare con tanta grazia, fo mio conto di aver bene spesa la fatica sostenuta cercandolo, quantunque adesso io lo trovi morto e mangiato. — Così dico anche io, compare, l’altro rispose; chè se il