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lo disarmarono, servendogli da paggi, tutte avvertite e ammaestrate dal duca e dalla duchessa di ciò che dovessero fare, e del modo con cui dovevano assistere don Chisciotte, affinchè vedesse che lo trattavano da cavaliere errante. Deposta l’armatura, restò mezzo spoglio coi suoi calzoncini stretti e col suo giubbone di camozza, secco, alto, lungo, con le ganasce che per di dentro si baciavano l’una con l’altra: figura che avrebbe fatto scoppiar dalle risa le donzelle che lo corteggiavano, se non avessero dovuto astenersene per preciso comando dei loro padroni. Rimasto poi solo con Sancio, così prese a parlargli: — Dimmi, bufalo moderno e pezzo di asino antico, ti par egli ben fatto il disonorare e il fare affronto a matrona venerabile e degna di ogni riguardo com’era quella? ti parve quello il tempo opportuno da risovvenirti del tuo leardo? ti paiono questi signori da dimenticar le bestie quando accolgono tanto allegramente i padroni? Ti prego, Sancio, per quanto so e posso, che tu voglia serbare più decoroso contegno, e non lasciare scoprire le fila in maniera che qua si accorgano che sei tessuto di tela rustica e grossolana. Pensa, povero ignorante, che in tanto maggior conto è tenuto il padrone quanto più onorevoli e ben nati sono i servi che ha al suo comando, e che uno dei più speziosi vantaggi che hanno i principi sopra gli altri uomini si è quello che si valgono di servitori quasi tanto ben educati quanto essi medesimi. Non consideri, o te meschino e me malavventurato! che se veggono che tu se’ un villano zotico od uno scimunito grazioso, penseranno tosto che io sia qualche giramondo o qualche cavaliere scroccone? Per carità, amico Sancio, fuggi fuggi questi inconvenienti, chè chi inciampa nell’essere ciarlone e sputasentenze, presto pericola e va a riuscire sguaiato buffone: raffrena la tua lingua, considera e rumina bene le parole prima che ti escano di bocca, e pensa che siamo giunti in luogo di dove col favore del cielo, e mercè della gagliardia del mio braccio dobbiamo uscire con miglioramento notabilissimo di fama e di sostanze„.

Sancio promise e giurò che si sarebbe cucita la bocca e morsicata la lingua prima di proferire parola mal a proposito o non pesata a dovere siccome gli comandava, e che se ne stesse per questo conto sicurissimo che mai per colpa sua non si scoprirebbe il netto dell’esser loro. Don Chisciotte si vestì, si pose il suo armacollo, cinse la spada, si mise addosso un largo manto di scarlatto ed una montiera di raso verde datagli dalle donzelle, e con la nuova attillatura si recò nella grande sala dove trovò le donzelle messe in ala tanto da una parte quanto dall’altra, e tutte apparecchiate a dargli l’acqua alle mani: ciò che fecero dopo molte riverenze e cerimo-