Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/407

Da Wikisource.

capitolo xliv 397

dramma di seta verde, un’oncia di argento; dico di seta verde, perch’erano verdi le calzette. — O povertà! povertà! sclama Ben Engeli a questo passo, io non so per quale ragione il gran poeta cordovese si mosse a chiamarti santo dono ingratamente ricevuto! io, tuttochè Moro, so benissimo per la corrispondenza tenuta coi cristiani che la santità consiste nella carità, umiltà, fede, ubbidienza e povertà; contuttociò sostengo che ha da avere del divino colui che si contenta di essere povero, quando non fosse di quel genere di povertà, di cui parlando dice uno dei maggiori suoi Santi: tenete le cose tutte come se non le aveste, e questa la chiamano povertà di spirito: ma tu, o secondo genere di povertà, (ed è quella che io intendo di ricordare) perchè vai tu a percuotere gl’idalghi e le persone bennate, piucchè altra gente? perchè li obblighi tu a rattoppare le scarpe ed a mettere i bottoni delle loro casacche alcuna volta di setole, altra di seta, ed altra di vetro? perchè i collari che portano hanno ad essere sparpagliati per la maggior parte e non a lattughe aperte? (e da ciò verrassi a conoscer quanto sia inveterato l’uso dell’amido e dei collari a lattughe); e poi seguitò a questo modo — Povero è bene colui che uscito da buoni natali va deturpando l’onore suo, mangiando male a porte serrate,