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quattro libbre all’incirca di uva, chè in questi cibi non vi sarà veleno, perchè in fatto io non posso poi durarla senza mangiare: e supposto che abbiamo a tenerci pronti per le battaglie dalle quali siam minacciati, bisognerà avere il ventre ben provvisto; perchè le budella piene portano il cuore, e non già il cuore le budella. E voi, o segretario, rispondete al duca, e ditegli che si eseguirà quanto comanda e come comanda; e presenterete da parte mia un baciamano alla mia signora duchessa, aggiungendo che è da me supplicata di non dimenticarsi di mandare per uno a posta la mia lettera e il mio fagotto a mia moglie Teresa Panza, chè le sarò obbligato; e in altro giorno le scriverò ancora, se avrò tempo; e di passaggio potete innestare nella risposta un baciamano anche al mio signor don Chisciotte della Mancia, perchè conosca che io sono pane gradito; e voi, come buon segretario e buon biscaino, potete aggiugnere tutto quello che vi pare e che viene a proposito. Intanto sparecchino questa tavola, e mi dieno da mangiare, che poi me la saprò bene intendere io con quante spie, sicarii e incantatori vogliano disturbar la quiete della mia isola„. In questa entrò un paggio e disse: — Gli è qua un contadino che brama di parlare alla signoria vostra per certo negozio che, a detto suo, è di somma importanza. — Sono pure importuni, disse Sancio, questi negozianti! Com’è possibile che sieno tanto sciocchi di non conoscere che queste non sono ore da venire a negoziare? Come se noi altri governatori e noi giudici non fossimo uomini di carne o non ci fosse indispensabile il tempo che richiedono i nostri bisogni! Credono forse che noi siamo fatti di pietra o di marmo? Oh in coscienza mia, che se dura questo governo (che per quanto prevedo non durerà) voglio fare impazzire più di un negoziante. Orsù, dite a cotesto buon uomo ch’entri; ma badate prima bene che non sia qualche spia o uno de’ miei sicarii. — Non può essere, rispose il paggio, perchè egli mi pare un cristianaccio da nulla: o non me ne intendo, o è buono come il buon pane. — E poi non c’è di che temere, soggiunse il maggiordomo, chè noi siamo qua per qualche cosa. — Dimmi, scalco mio, ripigliò Sancio, adesso che non è più qua il dottore Pietro Rezio non potrei io mangiare qualche cosa di peso e di sostanza, e se non altro un pezzo di pane con una cipolla? — Vossignoria si rifarà questa sera a cena del cattivo desinare, e resterà sazio e contento,„ disse lo scalco. — Dio lo faccia„, rispose Sancio.

Intanto entrò il contadino, ch’era di buon aspetto, e potea, anche lontano mille leghe, credersi uno zoticone alla buona. Le sue prime parole furono queste: — Chi è qua il signor governatore? — E chi ha da essere, rispose il segretario, se non se quegli che vedete ivi se-