Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/437

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capitolo xlvii 427

giri, chiassuoli, andirivieni, ritagli e aggiunte. — Vorrei, o signore, rispose il contadino, che vossignoria mi facesse il favore di darmi una lettera di raccomandazione pel mio consuocero, pregandolo che gli piaccia di fare che segua questo matrimonio; perchè non vi è disparità fra noi nè rispetto ai beni di fortuna nè rispetto alla prosapia: e se ho a dirle il vero, signor governatore, mio figlio è mezzo spiritato, e non passa giorno che tre o quattro volle i maligni spiriti non lo tormentino; e per essere caduto una volta nel fuoco ha il viso tutto grinzo come carta pecora bagnata, e gli occhi un poco cispi e lagninosi; per altro ha una bontà d’angelo, e se non fosse che qualche volta si percuote e si dà delle pugna di per sè solo, sarebbe un’anima benedetta. — Volete altro, buon uomo? replicò Sancio. — Altra cosa bramerei, ma non mi arrisico a dimandarla; pure la dirò, che finalmente non mi si ha da marcire nello stomaco, attacchisi o non si attacchi. Io dico dunque che vorrei che vossignoria mi desse trecento o secento ducati per aiuto della dote del mio baccelliere: li dimando perchè possa aprire casa da sua posta, e in questo modo non istare soggetto alle impertinenze dei suoceri. — Guardate se altro vi occorre, disse Sancio, nè restate di dirlo nè per rossore nè per vergogna. — Io non ho certamente altro„, rispose il contadino. Non aveva proferito appena queste parole che rizzatosi il governatore die’ di piglio alla sedia su cui stava seduto, e disse: — Giuro a Dio, villano zotico e impertinente, che se non ti levi di qua e non ti nascondi dalla mia presenza, ti spacco la testa con questa sedia che ho in mano. Furfantone, pittore di quanti diavoli sono all’inferno, e ti da l’animo di venire a quest’ora a dimandarmi secento ducati? e dove vuoi tu che io li abbia, pezzo di animale? e, quand’anche li avessi, per qual titolo ho io a darli a te, o golponaccio? che importa a me di Michel-Turra e di tutta la razza dei Perlerini? Levati di qua, replico, o ch’io per la vita del duca mio signore, metto in esecuzione quello che ho detto. Tu non sei certamente nativo di Michel-Turra, ma sì bene qualche furbo di prima classe mandato qua dall’inferno per tentarmi. Non è appena un giorno e mezzo ch’io sono governatore, e come vuoi, mal cristiano, che io abbia ammassati secento ducati?„ Lo scalco fe’ cenno al contadino che se n’andasse pei fatti suoi, ed egli uscì fuora col capo chino, e, per quanto pareva, impaurito che il governatore non isfogasse la sua collera e le sue minacce; e così il vigliaccone seppe far molto bene il suo officio. Ma lasciamo pure Sancio colle sue smanie, diamoci pace, e torniamo a Don Chisciotte che rimasto era colla faccia bendata e medicato dalle gattesche ferite, dalle quali non risanò in otto giorni. In uno di questi gli accadde quello