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Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/456

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446 don chisciotte

in casa di vostro padre. — Io già, l’avevo notato fra me, disse Sancio. — Signore, io in questo punto, rispose la donzella, sono turbata a segno che non so quello che mi dica, ma verità è che sono figlia di Diego della Gliana che dee essere noto a quelli che mi ascoltano. — Questo poi è verisimile, soggiunse il maggiordomo, perchè so che ha un figlio e una figlia; e dopo che il padre rimase vedovo, non fu in questo paese chi potesse dire di aver veduta in viso la figliuola, tenendola egli custodita sì rigorosamente, che nè meno il sole la scorge mai; ma ad onta di ciò è fama che sia bella all’estremo. — Quanto voi dite è vero, rispose la donzella, e questa figlia sono io; se menzognera o no sia la fama intorno alla mia bellezza, vi sarete accorti, o signori, avendomi ora veduta;„ ed in questo cominciò a piangere dirottamente. Il segretario alquanto commosso, si fece all’orecchio dello scalco, e sotto voce gli disse: — Debb’essere infallantemente accaduta a questa povera giovane qualche gran disgrazia, poich’essa è uscita di casa sua, e sta, contro il decoro della sua nascita, travestita in quel modo, e di quest’ora. — Certamente, rispose lo scalco; e tanto più che questo sospetto è avvalorato dalle sue lagrime„. La consolò Sancio colle migliori parole ch’ei seppe, e la eccitò che senza verun timore rendesse noto quanto erale avvenuto, assicurandola che procurerebbero tutti di rimediarvi colla miglior volontà e con tutti mezzi possibili. — Il caso è questo, o signori, rispos’ella: mio padre mi tenne rinchiusa per dieci anni continui, chè tanti ne corsero da che mancò di vita la mia genitrice. Sì celebra la messa in un bell’oratorio di casa mia dove io intervengo, nè altro veggo che il cielo risplendente nel giorno, e asperso di stelle nelle tenebre della notte: non conosco nè strade, nè piazze, nè templi, nè anco uomini, eccettuati mio padre e mio fratello e Pietro Perez l’affittatore, chè per vederlo frequentemente in mia casa, mi venne in capriccio di dire ch’era mio padre, e così non ho dichiarato il vero. Quel tenermi rinchiusa e negarmi di escire di casa sino per andare alla chiesa, corrono molti mesi e giorni che mi fa vivere in somma afflizione. Avrei voluto veder il mondo, od il paese almeno dove sono nata; parendomi che questa innocente mia voglia non offendesse il buon decoro con cui le donzelle nobili debbono guardare sè stesse. Sappiate che quando si facevano cacce di tori, e che s’innalzavano steccati per rappresentar commedie, io dimandavo al mio fratello (minore a me nella età di un anno solo), che mi desse conto e di questi e di altri divertimenti a me sconosciuti, ed egli me li dipingeva alla meglio, e tutto serviva ad accendere in me il desiderio di poterne godere. Per abbreviarvi la storia della mia rovina, vi dirò