Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/565

Da Wikisource.

capitolo lxii 555

maravigliato don Chisciotte della virtù e della proprietà della testa, e fu tentato di non prestar fede a don Antonio; ma considerando che sì breve spazio di tempo correre doveva per fare lo sperimento, null’altro volle soggiungere fuorchè ringraziarlo che gli avesse fatto palese sì alto segreto. Uscirono della stanza, don Antonio ne serrò a chiave la porta, e passarono agli altri cavalieri che trovavansi nella sala. Aveva Sancio fatta intanto la narrazione di molte delle venture e dei successi ch’erano al suo padrone accaduti.

Condussero quella sera don Chisciotte a diporto, non armato, ma in abito di città, con palandrano di panno lionato indosso, che in quella stagione avrebbe potuto far sudare lo stesso ghiaccio, ed ordinarono ai servi che intertenessero Sancio in modo da non lasciarlo uscire di casa. Andava don Chisciotte, non già sopra Ronzinante, ma sopra un gran mulo di passo piano e molto bene assettato. Gli misero il palandrano, e dietro le spalle, senza che egli se ne avvedesse, cucirono un bullettino in pergamena in cui scrissero a lettere maiuscole: COSTUI È DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA. Cominciato appena il passeggio, ognuno metteva gli occhi e leggeva: “Costui è don Chisciotte della Mancia;„ e don Chisciotte restava maravigliato nel sentirsi chiamato a nome da tutti quelli che lo guardavano, e nell’essere conosciuto universalmente,