Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/581

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capitolo lxiii 571

mi aveva veduta nascere, e quali gioie e danari recassi meco. E della patria e delle gioie e dei danari lo resi istrutto, dicendogli che questi erano sotterrati, e che facilmente potevansi ricuperare se io fossi tornata per essi: e tutto questo gli dissi colla speranza che potesse piuttosto accecarlo la sua avarizia che la mia bellezza. Durante il nostro colloquio gli fu riferito che io era accompagnata da un giovane di belle maniere e di molta avvenenza, nè rimasi punto in dubbio che non dovesse essere don Gaspare Gregorio, le cui leggiadre forme non avevano pari. Mi turbai tutta considerando il pericolo ch’egli correva fra quella barbara gente. In effetto ordinò il re che gli fosse subito condotto innanzi, e chiese a me se io giudicassi veramente sincere le informazioni che gli venivano date. Come se il cielo stesso mi suggerisse il consiglio, risposi che era appunto così, ma che io doveva confidargli che non era egli altramente uomo, ma donna mia pari, e che lo supplicavo a concedermi che andassi a vestirla de’suoi abiti naturali perchè potesse far pompa di sua leggiadria e comparirgli dinanzi senza rossore. Ottenni questa permissione, rimettendo ad altro giorno il conferire sul modo da tenersi perchè io passassi in Ispagna a disotterrare il tesoro nascosto. Informai don Gasparo del pericolo che correva restando colle apparenze di uomo, gli posi indosso un vestito da mora, e la sera stessa lo condussi alla presenza del re, il quale restò sorpreso vedendolo, e divisò seco stesso di custodirlo, per