Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/75

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capitolo vii 65

Sono del tuo stesso avviso, disse don Chisciotte, e tira pur innanzi così, amico Sancio, chè oggi tu sputi perle. — La conclusione si è, replicò Sancio, che, come la signoria vostra sa meglio di me, noi siamo tutti mortali; che oggi abbiamo gli occhi aperti e dimani chiusi; e tanto se ne va l’agnello come il montone; e nessuno vi è al mondo che possa contare su di un’ora sola di vita oltre ai confini che ha stabiliti Domeneddio, perchè la morte è sorda, e quando viene a picchiare la porta della nostra vita ha sempre gran fretta; non vagliono a tenerla indietro preghiere, forza, scettri o mitre, come tutti sanno e come disse il padre predicatore dal pulpito. — Questo è tutto vero, soggiunse don Chisciotte, ma non vedo dove tu voglia adesso riuscire. — Voglio riuscire, disse Sancio, che vostra signoria mi assegni un salario certo per ogni mese, che resterò al suo servigio, e che questo tale salario mi venga pagato sulle sue rendite, perchè non voglio stare in aspettativa di favori che giungono o tardi o male o non mai; finalmente voglio sapere quale sarà il mio guadagno, poco o molto che sia, chè la gallina comincia a covare su di un uovo solo; e molti pochi fanno un assai; e quando si guadagna qualche cosa non si perde niente: è vero che se succedesse (cosa che nè credo nè spero) che vossignoria mi desse l’isola che mi ha promesso, non sarei così ingrato, nè guarderei tanto pel sottile da non voler far stimare l’entrate dell’isola per iscontare dal mio salario gatta per tempo. — Amico Sancio, rispose don Chisciotte, suole talora essere sì buona la gatta come la topa. — Capisco, disse Sancio, e scommetto che io aveva in bocca ratta e non gatta, ma già non importa perchè vossignoria mi ha ben inteso. — E tanto inteso, rispose don Chisciotte, che sono giunto a penetrare il più intimo dei tuoi pensieri, e so a che fine li esponi, e a che cosa tiri con tanti tuoi proverbii. Sappi, Sancio, che ti assegnerei a dirittura il salario, se in qualche storia di cavalieri erranti avessi trovato pur un esempio che m’indicasse o mostrasse, almeno per congettura, il guadagno che gli scudieri faceano o in un mese o in un anno: ma ho lette tutte o quasi tutte cotali istorie, e non mi sovviene di avere trovato che alcun cavaliere errante abbia mai assegnato salario determinato allo scudiere: so bene questo che servivano tutti a mercede, e che quando se la pensavano meno (se la sorte era ai loro padroni favorevole) trovavansi premiati col dono di qualche isola o con altra cosa equivalente, o la finivano per lo meno con un titolo e con una signoria.

“Se con tali speranze e fondamenti ti piace tornare al mio servigio, sia alla buon’ora; ma pensare ch’io debba scomporre in qualsisia modo l’ordine e le costumanze antiche della cavalleria, è