Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/97

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capitolo x 87

tutti gli assalti e nelle più ardue imprese. S’incaricò Sancio di questi comandi, e di portare una risposta più favorevole ancora della prima volta. — Vanne, figliuolo, replicò don Chisciotte, e non ismarrirti quando ti vedrai dinanzi alla luce del sole di quella bellezza alla quale t’invio. Oh te felice sovra ogni altro scudiere del mondo! Tieni ogni più minuta cosa a memoria; non trascurare di por mente al modo con cui ti riceve, se muta colore nel sentir l’imbasciata; se si altera o si turba nell’udire il mio nome; se si rimuove inquieta qualora ti accolga seduta su morbidi origlieri in tutta la sua autorità; se, stando ritta, ora sopra l’uno ora sopra l’altro, piede si appoggi; se ti ripete la sua risposta due o tre volte; se la cangia di aspra in dolce, di severa in amabile; se porta le nivee mani ai capegli per rassettarli comunque non iscomposti o disordinati; e finalmente, guarda bene, o figliuolo, tutti i suoi movimenti ed azioni, chè dalla esattezza e precisione delle tue risposte io indovinerò bene il più intimo del suo cuore rispetto all’amorosa mia servitù. Hai da sapere, o Sancio, se tu lo ignori, che fra gli amanti le azioni ed i movimenti esterni, quando trattasi della loro fiamma, sono indubitati forieri che recano le nuove di ciò che sente l’anima nel suo interno. Partiti, amico: auspice ti sia una ventura più fortunata di quella che a me tocca, e ti secondino migliori eventi di quelli che tra il timore e la speranza mi tratterranno intanto in questa misera solitudine in cui ora mi lasci. — Andrò e tornerò presto, disse Sancio, e frattanto tenga vossignoria allegro quel suo povero cuoricino, che adesso debb’essere piccolo piccolo come una noccioletta, e consideri che si suol dire che un animo forte scaccia la mala ventura; e che dove non vi è carne secca non vi sono neppure stanghe per appenderla; e che per ordinario la lepre salta dove meno si pensa. Dico queste cose perchè se nella notte scorsa non abbiamo trovati i palazzi e i castelli della mia signora, adesso ch’è giorno, spero che li troverò o da una banda o dall’altra, e trovati che io li abbia lasci pur fare a me. — È indubitato, o Sancio, disse don Chisciotte, che calzano tanto a proposito i proverbii tuoi quanto Dio mi conceda migliore ventura nelle mie brame„.

Detto questo, Sancio battè il suo asino, voltò le spalle, e don Chisciotte rimase sul suo ronzino, abbandonato a sè stesso, tenendo il piè nelle staffe ed appoggiata alla lancia la sua persona ingombra di tristezza e di confuse idee; nelle quali lo lasceremo per tener dietro al suo scudiere.

Pensieroso ed incerto egli si allontanò dunque dal confuso padrone, e appena uscito del bosco, voltando la feccia e non vedendo