Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/159

Da Wikisource.

ragionamento settimo 153


sta di sopra; e spesso spesso (poco dianzi dice egli «sovente» nel suo scrivere) e’ sono imbavagliati di giallo e vanno a processione con le torce accese in mano, dando fuoco a’ lor libri tradotti, non meno goffi che pazzi.

Gottifredi. Cosí va ella bene. Ma favellate voi d’alcun particolare?

Silvio. Io favello d’un universale tristo, e non d’un particolare, che oltre il meritar il fuoco, il barar con le carte, far del dado, essere maligno, ignorante e traditore, non crede in Dio: guardate se questi son particolari!1.

Lollio. Egli intenderebbe un sordo. Adunque, per concluderla, se voi componeste molte cose, vi farebbon saltare il moscherino.

Silvio. Cosí sta. Ma io ho detto insino a ora dell’opere buone: se le s’abbattono a esser cattive, a che siamo? aver durato fatica, sudato, speso il tempo, gettata via la spesa e poi farsi uccellare!

Gottifredi. Questo si chiama avere il mal anno e la mala pasqua. Io adunque, per dirvi l’animo mio, per molte delle cagioni che ha detto Silvio, lascio stare di scrivere.

Lollio. E io per una sola, perché non mi sia interpetrato in cattivo senso i miei buoni pensieri. Ritiriamoci a casa e verremo a udire domani da sera se ci sará nulla di nuovo a’ Marmi; ché stasera le brigate hanno avuto paura del tempo.

  1. Il Domenichi, come nella seconda Libraria, all’articolo sotto l’anagramma Echinimedo Covidolo, e all’altro sotto Fantino da Ripa. [Ed.]