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Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/121

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116 i marmi - parte terza


Cecco. Che volete voi dir per questo?

Agnolo. Non sarebbe stato uccellatore alcuno che non avesse avuto caro l’offerta, anzi piú tosto l’avesse a quel ristio lasciata ir via, se ben la non fosse tornata.

Simone. Io sarei stato un di quegli.

Agnolo. Un plebeo voleva che io acconsentisse a una cosa simile, non è molto, la quale aveva l’utile per apparenza, il danno piccolo, ed era scusata secondo l’opinion vulgare, ma secondo l’uffizio dell’uomo da bene era vituperosa.

Cecco. Egli è venuto un certo tempo che non si guarda a nulla, pur che l’uomo si possi nasconder dietro a un dito della mano.

Agnolo. Questo è che non hanno imparato per pratica a esser uomini da bene, come si son fatti per scienza traditori e scellerati, e sono arrivati a quella parte sola che dá utile alla vita cattiva e non all’anima buona.

Simone. Come si potrebbe egli fare a imparare una scienza che facesse uno uomo da bene?

Agnolo. La filosofia è il vero studio; ma bisogna gustar lo spirito della lettera e non lègger solo il carattere: e cosí si ribatte con questo modo l’ignoranza del vulgo.

Cecco. Questo discorso, o in simil materia, mi piacerebbe una volta d’udire.

Agnolo. Io voglio disputar questo per vostro contento; non come, secondo la filosofia, s’abbi da vivere, ma ben vivere; e dividerò prima il mio dire in due.

Simone. Fate che io oda il vostro termine.

Agnolo. Voglio risolvervi qual parti nella filosofia sien soprapiú, perché conosciate qualche cosa di piú che adesso, forse, non conoscete, e mostrarvi, come io principiai, il vizio e il male della opinion popolare; e cosí voglio entrare in una parte di filosofia solamente per questo conto.

Cecco. Dite cosa che io ne sia capace, se volete contentarmi.

Agnolo. La parte della filosofia che propriamente comanda o dá ordini e legge e non ordina l’uomo in tutte le sue cose,