Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/123

Da Wikisource.
118 i marmi - parte terza


Cecco. Io sono a casa benissimo.

Agnolo. In due quistioni, come avevo giá cominciato poco fa a dire, adunque, si divide questo passo: prima, se egli è utile o inutile, e se può far l’uomo beato egli solo; id est, disse il pedante nostro, se egli è superfluo o se tutti gli altri faccia superflui. Coloro che son d’opinione che questa parte sia superflua, arguiscano, senza logica, in questa forma: se alcuna cosa si oppone all’occhio nostro e ci ritarda la vista, non levando quello si debbe, colui che comanda ha perduto l’opera; cosí dove tu caminerai quivi sporgerai la mano.

Simone. Bisogna avere i termini, certo, chi vuol bene esserne capace.

Agnolo. Medesimamente, quando alcuna cosa accieca l’animo e impediscelo nel riguardar de’ suoi ofizii, nulla fa colui che comanda cosí.

Cecco. Seguite, ché, con quel che voi direte, intenderò il detto.

Agnolo. Tu viverai cosí con tuo padre, cosí con gli altri; nulla gioveranno i comandamenti, fino a tanto che l’animo è circondato dallo error della mente: se quello si scuote, aparirá quello che si debbe fare intorno a qual offizio si voglia; altrimenti, tu insegni quello che debbe far l’uomo sano di mente, ma non per questo vieni a far sano l’uomo.

Cecco. All’essempio vi voglio.

Agnolo. Tu mostri al povero che egli rappresenti la persona del ricco: questo come lo potrá egli fare mentre che sará povero? Fa un poco, a un che abbi fame, che contrafaccia un che sia sazio: togli piú tosto la fame ch’egli ha nelle budella e che lo trafigge. Questo medesimo voglio dir io: che, tutti e’ vizii, bisogna rimover quegli e non comandar quello che non si può far infino a tanto che son padroni, se prima tu non caccierai via le false opinioni per le quali noi siamo molestati: né l’avaro saperá come debba usare la sua moneta né il pauroso come debba farsi beffe de’ pericoli; bisogna, e questo è il verbo principale, che tu gli facci toccar con mano che i danari non sono né bene né male, e poi che tu li mostri con vive ragioni