Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/154

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AL SIGNOR BERNARDINO ARGENTINO

canonico del duomo di padova illustre
e mio signor sempre osservandissimo
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Monsignor mio reverendo, io credo che ’l mondo si sia maravigliato che, avendo io scritto in un anno forse dieci o dodici libri, composti e stampati, e dedicatone alcuni a persone indegne di tali onori, per non me ne aver le signorie loro né grado né grazia, tenendo poco conto della fama buona che vien lor data (onde mi sforzerò di farne ricordo), dico certo che chi ha conosciuto l’amor che mi portate, le carezze che mi fate e i presenti ch’io da voi ho ricevuti, nati dalla vostra cortese natura, senza mio merito, mi debbe aver giudicato o discortese o ingrato. La cagione per che io son restato non è stata altra se non per non voler parere di sodisfare tanta umanitá e gentilezza vostra con quattro fogli stampati o con una epistola dedicatoria che vi lodasse per amator de’ virtuosi, per benefattore, per cortese, per liberale, magnifico, generoso, e simil cose, che ciascuno costuma di dire in sí fatti scritti; ma aspettavo che vostra signoria reverendissima mi comandasse qualche cosa per servizio suo, dove avesse a esporre l’avere e il poter mio, non tanto per parte di sodisfazione, ma acciò che la servitú mia aparisse quanto la sia desiderosa di servirvi e, ultimamente, come io vi sono fidel servitore. Ma perché vostra signoria ha sempre avuto animo da generoso prelato, ciò è di voler far cortesie sempre e aver per privilegio il merito suo e non valersi di cosa alcuna degli altri, però non ha voluto mai comandarmi, ma sempre accarezzarmi, beneficarmi e onorarmi, io con questo libretto piccolo e debile come son io proprio, vengo