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170 i marmi - parte quarta


IL TEMPO L’IMPAZIENTE E IL VENDICATIVO

ACADEMICI PEREGRINI

Tempo. Certamente, se voi aspettavi me, voi facevi ogni cosa bene. E’ parrebbe che voi non sapessi quel che io so fare, quel che io sono, quanta sia la mia forza, il valore e la virtú: vostro danno; un’altra volta non correte cosí a furia.

Impaziente. Chi se’tu? Oimè! tu mi pari un de ’nostri Pellegrini, e pur non ti conosco. Che vuol dir questo mutarti di viso a ogni poco? che faccia hai tu? La mi par vecchia di mill’anni, la mi par giovane, la diventa di fanciullo, la si convertisce in mezza etá, e talvolta tu pari un uomo piú che decrepito. Di grazia, dicci chi tu sei, poi che sí fattamente ci riprendi e di’ che se noi aspettavamo te, che avremmo fatto tutto bene.

Tempo. Bisogna, cari frategli, che io mi cominci un pezzo a dietro a dirvi del fatto mio: e se voi non fosti viandanti e peregrini come son io, mai m’avreste veduto. Ora, per dar principio a molte cose grandi, forse non piú udite, eccovi con la chiarezza di parole chi io sono, e poi ve ne certificherete con i fatti. Io fui anticamente un maestro d’oriuoli, e il primo che io facessi mai fu all’elemento dell’acqua, acciò che ella sapesse quando doveva crescere e quando scemare, quanto doveva durare a piovere, eccetera: e lo feci d’acqua, con certa misura, come si sa per molti. L’elemento del fuoco me ne fece poi fare un altro; onde fui forzato a far nuova invenzione, e cosí mi messi intorno a quest’opere e ne feci un altro al sole. Quando