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ragionamento quinto 63


Scalandrone. Aspettate qualche un altro da favellare per lettera, ché non m’intendo se non della mia arte d’arrotare; e se volete qualche cosa, favellate dall’Uccellatoio in qua.

Dubbioso. Nichile alius.

Scalandrone. S’io pensava che voi n’aveste un ramo, v’accozzava con quei pazzi: in tanto sará meglio che io vi lasci su le secche di Barberia; il mio ser forestiero, buona notte.

Dubbioso. Me vobis comendo.

Risoluto. S’io vi dico villania, perdonatemi, il mio uomo da bene. Dice il proverbio che Domenedio fa gli uomini e lor s’accompagnano; voi mi sete paruto, alla lingua, forestiero; quando io v’ho sentito sí pazzamente favellare, volendo fare il letterato, mi son fatto le croci.

Dubbioso. Andava tentando.

Risoluto. Il tentare è sí fatto, che costoro sanno piú dormendo che voi vegliando: io vi ricordo che voi avete a far con fiorentini.

Dubbioso. Io son piú tristo di loro; il diavol non l’impatterebbe meco: so fare il dotto e l’ignorante a mia posta, so fare il gentiluomo, il signore e il furfante, quando voglio.

Risoluto. Il poter fare il signore, il letterato e il gentiluomo è bella cosa; ma non fu mai signore, gentiluomo e litterato che facesse il furfante. Se voi lo potete fare, dovete esser di qualche razza di nettaferri, di far guaine, o veramente vi sete in corpo e in anima dato al tristo e al furfante.

Dubbioso. La cera non inganna, o poche volte.

Risoluto. Fate che io vi vegga in viso: per Dio, che sí; solamente cotesto colore fra il rosso e il bigio, con quegli occhietti mezzi chiusi e mezzi aperti, vi condannano; non allegate cotesto testo, ché vi fia contro a spada tratta; la barba poi pare uno pugno di setole di porco rosso mal messe insieme. E’ mi par d’avervi veduto a Roma.

Dubbioso. E a Roma e per tutto il mondo sono stato e ora son venuto qua a veder Fiorenza.

Risoluto. Ho molto caro che siamo insieme, perché ci tratterremo meglio: come è il nome vostro?