Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/85

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ragionamento sesto 79


in mezzo. — Oh — disse il duca — buon prò, signori! — I quali, arrossiti e vergognosi, si levarono con molta prestezza in piedi, e la timorosa fanciulla, spaurita dalla vista del principe, si diede a piangere. — Non piangete — disse egli — ché le buone fanciulle si stanno a casa loro e non vanno con i cortigiani: che bell’onore voi fate alla vostra casata! — E quivi, dopo alcune gran minaccie e riprensioni, adoprò le buone parole, che la voleva maritare e dargli parecchi centinaia di ducati di dote; e gli disse, mostrandogli uno de’ suoi bravi e gentilissimi capitani: — Questo vi piace egli per isposo e per marito? — Ella, dopo molte volte, affollata del rispondere, disse: — Io non voglio altro marito che quello che m’ha promesso di tôrmi per donna. — Come? — disse il duca — adunque séte maritata? — Questo, signore, è quello a chi ho promesso. — E tu — voltandosi con uno sguardo da principe risoluto, da temere e riverire — perché, promettendogli, l’hai data in preda a questo altro? — L’amicizia, signore, n’è stata cagione e il non credere di venire all’essecuzione. — Adunque — disse il duca — tu non avevi dinanzi agli occhi Alessandro de’ Medici? Che di’, bella fanciulla? vuoi tu questo o quest’altro per marito? — Altri non voglio io — replicò la figliuola — che quello che promesso m’ha, quando piaccia alla signoria vostra. — Piacemi — disse il duca — per esser cosa giusta. E per segno che le cose giuste mi piacciono — cavatosi un ricco anello di valuta di dito, lo porge a colui che promesso aveva di prenderla per donna e disse — sposala — e tu — voltatosi all’altro cortigiano — gli darai cinquecento scudi di dote, e io altretanti ve n’agiugnerò. — E, fatto sposarla, la lasciò con il suo marito alla buona notte e seco ne menò l’altro cortigiano a palazzo».

Norchiati. Io ammutolisco che questa impresa vi riesca sí fatta. Della borsa mi piace intendere; poi ce n’andremo in San Lorenzo, se piacerá alla vostra reverendissima signoria.

Fiegiovanni. Queste cose io ve le dico, perché so che voi siate perito e sapiente nello scrivere e latino e vulgare: piaceravvi poi di dare un’occhiata al mio libro e mettervi la vostra mano.